L'
amicizia non biasima nel momento della difficolta',
non dice con fredda ragionevolezza: se tu avessi fatto cosi' o cosi'.
Apre semplicemente le braccia e dice: non voglio sapere,
non giudico, qui c'e' un cuore dove puoi riposare.

   


 

                                                              




















 

                       

      
                             
 
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"Con Eluana, ma per la vita: facciamo sentire la voce cristiana!"

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2009 00:06
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Post: 320
Città: TORINO
Età: 96
Sesso: Femminile
11/02/2009 00:06

Un messaggio dalla vedova Coletta
Riporto il post di Giuseppina Oro nel gruppo "Con Eluana, ma per la vita:
facciamo sentire la voce cristiana!"

Parla la vedova Coletta:
vi racconto Beppino ed Eluana

Ha chiamato ancora papà Beppino ieri mattina poco prima delle nove: «Ma
nemmeno l’hai accompagnata E­luana?», gli ha detto subito. Mar­gherita
Coletta è la vedova di Giu­seppe, carabiniere assassinato a Nasiriyah il 12
novembre 2003, nel­l’attentato che spazzò la base ita­liana "Maestrale",
carabiniere che non aveva mai ucciso e che sce­glieva le missioni all’estero
per aiu­tare i bimbi più indifesi, quelli col­piti dalla guerra. Lo faceva
per ri­trovare il sorriso di suo figlio Pao­lo, morto a sei anni stroncato
dal­la leucemia: «Quando capimmo che era finita e i medici ce lo spie­garono
chiaramente – racconta lei – facemmo interrompere la che­mioterapia».
Margherita in questi mesi è volata dalla Sicilia a Lecco per andare a
trovare Eluana, accompagnata da Beppino.

Spesso e a lungo l’ha ac­carezzata, l’ha baciata, le ha parla­to. E spesso
ha parlato col papà, scontrandosi anche duramente, ma senza che mai lui le
negasse il dialogo: in qualche modo for­se sono diventati amici. Ecco perché
ancora ieri mattina lei gli ha telefonato dicen­dogli: «Speravo che coi
gior­ni fossi rinsavito».

Cos’ha provato, Margherita, entrando nella stanza di E­luana?
La prima volta mi sono fermata sulla soglia della sua porta. Pen­savo di
essere più forte. Ho re­spirato a fondo, poi sono entra­ta. Quando l’ho
vista, abituata com’ero alle foto di lei ragazza, mi ha scosso, oggi è una
don­na. Ma poco dopo è diventa­to tutto così normale, come fossi a trovare
una persona in ospedale. Anzi, ho senti­to tanta dolcezza e nessun ribrezzo
o pena. Né ho visto alcun 'sacco di patate', co­me qualcuno descrisse
E­luana, ma una persona che è tutt’altro. Una persona.

La sensazione più bella?
Quando l’ho accarezzata. Con la sensazione netta, net­tissima, che lei
avvertisse le carezze. Certo è che pensavo d’andare a dare io a lei, inve­ce
ho ricevuto assai più di quanto le abbia dato.

Cosa?
La maggiore certezza nelle cose in cui credo. La con­sapevolezza che non si
può ridurre una persona alla sua forma fisica.

Papà Beppino la accom­pagnava in quella stan­za?
Sì. La prima volta che l’ho incontrato mi ave­va fatto molta tenerez­za:
pensavo a mio ma­rito Giuseppe, a quan­do è morto nostro fi­glio. E poi mi
sem­brava quasi di parla­re con mio padre: mi diceva «sei una bir­ba».

Adesso è cambiato qualcosa?
Rispetto comun­que Beppino e provo sempre grande affetto per lui. Ma non è
giusto quello che sta facendo. I figli non sono di nostra proprietà: ci sono
soltanto affida­ti. Ci prendiamo cura di loro, li aiu­tiamo, li assistiamo e
semmai li ac­compagniamo alla morte, prepa­randoli se deve accadere, anche
da piccoli. Ma lui non si rende conto di tutto questo, si sente incapace di
tornare indietro: credo sia so­prattutto lui in uno stato simile a quello
vegetativo. Quando si risveglierà da questo torpore si renderà conto e starà
male, tanto.

Lei che rapporto ha, Margherita, col papà di Eluana?
Ci siamo confrontati tante volte, ma è sempre stato cortese con me. È
convinto di quanto fa, for­se perché non vede più Eluana come lui la
vorrebbe. Ma a me pa­re evidente che in qualche modo sia stato plagiato da
tanta gente alla quale non interessa nulla di Eluana. E lui ora è
strumentaliz­zato, è finito in un vortice: ha an­che momenti nei quali io
credo vorrebbe tornare indietro, perché non pare convinto fino in fondo di
quanto sta facendo, ma non ne ha la forza.

Com’era trattata Eluana nella ca­sa di cura lecchese?
Come una regina. Le suore che le stanno accanto ogni giorno la cu­rano, la
lavano, la profumano, la portano a spasso sulla carrozzella. Addirittura la
depilano, perché E­luana come ogni ragazza non sop­portava d’avere peli
sulle gambe.

E come sta?
Lei è una donna. Una donna di trentotto anni: ha la mia stessa età. Ha il
ciclo mestruale come ogni donna. Apre gli occhi di giorno e li chiude la
notte. Respira benissimo e da sola, serenamente. Il suo cuo­re batte da
solo, tenace e forte. Ci sono momenti nei quali forse sor­ride e altri nei
quali forse socchiu­de gli occhi. Ma quanti sanno dav­vero che Eluana non è
attaccata a nessuna macchina? Quanti sanno che nella sua stanza non c’è un
macchinario, ma due orsacchiotti di peluche sul suo letto? Che non ha una
piaga da decubito? Che in di­ciassette anni non ha preso un an­tibiotico?

La notte scorsa hanno portato E­luana a morire: lei, Margherita, co­sa sta
provando?
Ho un pugnale dentro. Prego, spe­ro fino all’ultimo che lui si renda conto
di quel che sta facendo. Quanto sia sbagliato. Quanto non sia paterno.
Quanto non sia uma­no. Io so che lui soffre dentro di sé, e tanto.

Ci ha parlato appena ieri mattina: secondo lei cosa prova Beppino?
Non so come possa vivere con un peso addosso come questo: Elua­na da
diciassette anni è in quelle condizioni, ma lui fino a ieri mat­tina non si
era mai svegliato sa­pendo che sua figlia sta per mori­re.

Come mai, Margherita, lei e suo marito Giuseppe decideste d’in­terrompere la
chemioterapia a vo­stro figlio?
Paolo ne aveva fatti quattro cicli, ne mancavano due, ma ormai il male
a­veva invaso tutto il suo corpo e i medi­ci ci spiegarono be­ne la
situazione. I dolori e il vomito e tutte le devastazio­ni provocate dalla
chemio a quel pun­to sì che sarebbero stati accanimento terapeutico: così ci
fermammo, affi­dandoci e affidando Paoletto a Dio.

Perché invece con Eluana non ci sarebbe accanimento terapeutico?
Ma Eluana non ha una malattia, non è terminale, non ha un dolo­re, non ha un
macchinario nella stanza, non c’è nulla che possa far pensare ad un
accanimento per te­nerla in vita! È accudita, curata, a­mata. La si deve
solamente aiuta­re a mangiare! Beppino però sostiene che la mor­te di Eluana
servirà a liberarla... Liberarla da cosa? Come fa lui a sa­pere che lei è in
catene? Una per­sona che soffre lo si vede. Non lo capisco proprio cosa
voglia dire Beppino, cerco di sforzarmi, ma non ci arrivo.

Quella giovane donna da ieri è ri­coverata nella sezione maschile del
"Reparto Alhzeimer" della cli­nica udinese "La Quiete"...
Ma si rende conto?! È lì, da sola, con nessuno che la conosce, che l’ha
curata, che la ama, perché le suo­re di Lecco la amano: se sapesse ie­ri
sera ( lunedì, ndr) quando ho chiamato suor Rosangela come piangeva. Anzi,
mi permetta di rin­graziare proprio le suore della ca­sa di cura "Beato
Talamone" e tut­te le persone che per quindici an­ni hanno avuto quella tale
cura per Eluana.

Margherita, ma perché lei decise d’andare a trovarla?
Non lo so. Una sera ero a casa, ho visto la notizia al telegiornale e ne ho
avuto il desiderio. So di non valere nulla, ma ho cercato il nu­mero di
Beppino, perché volevo fargli sentire la mia vicinanza. L’ho chiamato, gli
ho spiegato chi ero e che sarei stata felice se avessi potuto incontrare
Eluana. Lui fu molto gentile, mi disse: «Signora, davanti al suo dolore
m’inchino e mi fa piacere se viene». Appena poi arrivai a Lecco, mi chiese
su­bito: «Margherita, tu da che par­te stai?».

Lei cosa gli rispose?
«Beppino, io non sto dalla parte di nessuno: sono venuta a trovare E­luana
come se tu fossi venuto a tro­vare un mio parente caro»: andai da lei non
per far cambiare idea a Beppino né per altro, solo perché mi era sembrato
giusto farlo.

Come mai lei ha accetta­to di raccontare tutto que­sto solamente adesso?
Beppino sa che io non a­vrei mai detto nulla e l’ha visto finora. Però è
giunto il momento di dare voce a Eluana.

Un’ultima domanda, Margherita: ha speran­ze per Eluana?
La prima volta andai a trovarla nel novem­bre scorso: le promisi che sarei
tornata per Natale e Beppino, certo e tranquillo, mi disse: «A Natale non ci
sarà più». Io le sussurrai nell’orec­chio sotto voce «non ti preoccupare, ci
rivedia­mo» e così poi è stato.
Pino Ciociola

Avvenire 4 febbraio 2009
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